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Tutti in piedi e almeno 10 minuti di applausi per il Requiem di Mozart proposto da Musica Nova ieri sera a Taggia ​

Il concerto, diretto dal Maestro Paolo Caravati, si è tenuto nell’Oratorio dei Bianchi, ​nell'ambito della rassegna musicale organizzata dalle Confraternite della Regione Ecclesiastica Ligure.



   di Enzo Iorio   

TAGGIA - Il centro storico di Taggia, antico capoluogo della Valle Argentina, è animato come ogni sabato sera. Bar e ristoranti gremiti e parcheggi rari come l'oro. L'Oratorio dei Bianchi è in via Soleri (quel Pantano inondato dal fiume tanti anni fa e di cui scrisse amorevolmente Giovanni Ruffini in alcune gustose pagine del suo Dottor Antonio). 
L'Oratorio, conosciuto anche come Chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano, fu eretto nel 1454  dalla Confraternita del Gonfalone, poi ristrutturato - e imbarocchito - nel XVII secolo.

La navata è stracolma già venti minuti prima dell'inizio del concerto. Rimangono soltanto radi posti in piedi. Ancora per poco. 
Entrano i musicisti, il coro, il Direttore.
Si inizia con il Cantique de Jean Racine di Gabriel Fauré. Pochi minuti di melodie dolci e sobrie che l'autore compose appena diciannovenne. Applausi.
Poi il Direttore Paolo Caravati annuncia il Requiem di Mozart (KV626) nella versione per pianoforte e coro di Carl Czerny: "Aprite il cuore e la mente, disponetevi ad ascoltare questo capolavoro". Poi avverte: "È un brano della durata di circa 50 minuti". Si leva un brusio, qualcuno sbircia l'orologio. 

Le note del pianoforte, suonato a quattro mani da Riccardo Crespi e Sonja Silvano, iniziano a librarsi nell'aria. Poche battute, ed entrano le voci del Coro Filarmonico Musica Nova di Sanremo:
"Dies iræ, dies illa, solvet sæclum in favilla, teste David cum Sybilla...". Ed ecco che tutto intorno a noi cambia: gli affreschi della chiesa diventano vivi, i colori vibrano, il tempo presente svanisce nell'infinito, e il pensiero naufraga...

"Ingemisco tamquam reus, culpa rubet vultus meus: supplicanti parce Deus".
I versi latini che Mozart utilizzò per la sua opera, attribuiti a Tommaso da Celano (XIII secolo), sono profondi, eterni; mettono ciascuno di fronte alla propria coscienza e sono un richiamo a misurarsi con la dimensione del Giudizio.

La memoria va a quel leggendario mistero legato alla genesi del Requiem, raccontato magistralmente da Miloš Forman nel 1984, quando portò sul grande schermo il testo teatrale di Peter Shaffer, che a sua volta aveva messo in scena alcune ipotesi già avanzate sia da Stendhal che da  Puškin: Amadeus, malato e ridotto in miseria, ricevette da un anonimo committente l'incarico di comporre un Requiem in appena quattro settimane. 
Il musicista, struggendosi nel corpo e nello spirito per l'enormità della fatica, si convinse che dietro quell'individuo mascherato che gli offriva tanto denaro per la realizzazione dell'opera, si celasse in realtà un emissario dell'aldilà e che il defunto per il quale stava preparando la composizione funebre fosse se stesso. 
La suggestione legata a quel presunto Memento mori fu tale che Mozart, stremato dallo sforzo, lasciò questo mondo il giorno dopo aver completato le parti vocali del Lacrimosa...

Il concerto continua. I minuti volano e giungono le note finali, con quei richiami accorati alla clemenza, alla pietà, alla misericordia. Alla Vita oltre la vita, in cui Mozart credeva fortemente.

Arriva l'ultimo accordo. Poi è silenzio.
E qui scatta l'applauso. Vivo, sincero, deciso. Il pubblico è in piedi. Ringrazia e applaude. A lungo: per le pregevoli esibizioni dei solisti: Carla Talete (soprano), Maura Amalberti (contralto), Gabriele Esse (tenore), Stefano Novaro (basso); per la coesione e la maestosità del Coro Filarmonico Musica Nova di Sanremo; per il carisma direttivo dimostrato dal Maestro Caravati. 
E per lo staff organizzatore dell'iniziativa. 
















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Pubblicato da Enzo Iorio:
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