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Le cubaite, dolce tipico di Ventimiglia

Sconosciute ai più e dimenticate da molti, le Cubaite venivano preparate e gustate in occasione di grandi feste, come ci racconta Sergio Pallanca.

Pinze per le cubaite (clicca per ingrandire)

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo interessante contributo di Sergio Pallanca, presidente Circolo Culturale Porta Marina.


Contributi dalle associazioni Ricette
Circolo Culturale Porta Marina

Dopo la grande riscoperta e valorizzazione delle castagnole a cura del Circolo della Castagnola che è riuscito ad ottenere la Denominazione Comunale (DE.CO) vorrei trattare di un altro tipico dolce ventimigliese, sconosciuto ai più e dimenticato da molti: le Cubaite che venivano preparate e gustate in occasione di grandi feste Natale, San Secondo, Pasquetta, la Madonna delle Virtù.

Innanzitutto che cosa significa cubaita? L’origine parrebbe molto antica: dal latino cupere, desiderare fortemente, ai tempi dei romani infatti era un dolce solo per pochi privilegiati, dal mondo romano si diffuse al sud e cubaita deriverebbe dall’arabo qubbajta così come la cubbaita (con due b) siciliana, mentre la cupeta del salento deriverebbe dal cupere latino.

Quindi non prodotto di nicchia ma diffuso in gran parte d’Italia, specie lungo le coste.

Dopo questa breve nota filologica ricordo la preparazione e la ricetta: per preparare le cialde o ostie occorre...


... avere a disposizione “i feri pè fa e nege”, lunghe pinze che terminano con due dischi perfettamente combacianti e sulla cui faccia interna possono essere incisi o le iniziali del proprietario, l’emblema di famiglia o simboli sacri, i miei antichi “feri” per esempio recano incisa una croce patente cioè con le braccia che vanno allargandosi verso l’esterno, così la decorazione rimane impressa sulla cialda.

Un tempo erano le suore che con “feri” incisi con croci, cristogrammi o agnelli pasquali preparavano le ostie per la Santa Messa.


Per superare questo altissimo ostacolo: i “feri” sono molto vecchi ed estremamente rari, si possono acquistare le cialde in pasticceria oppure in farmacia ove vengono utilizzate per la preparazione di farmaci galenici.

I “feri” dunque servono per cuocere le ostie, “nege”. Negia indica la nebbia e quindi per traslato qualcosa di lieve “lengeiru cume ina negia”, trasparente, impalpabile oppure bianco: di una persona anemica ”ti sei giancu cume ina negia”. Si prepara una pastella molto liquida con acqua,farina e, a seconda delle diverse ricette, olio di oliva o albume d’uovo, si mettono a scaldare i “feri” su una stufa di ghisa quindi si versa un cucchiaio di pastella e si stringono forte le pinze: è così pronta la prima negia.

Si fanno abbrustolire nocciole intere in una padella, senza condimento, in Sicilia per le cubbaite, mandorle, a parte si prepara miele d’acacia con un poco di zucchero, una scorza grattugiata d’arancia o mandarino,meglio sarebbe di melangolo (çitrùn) un tempo largamente coltivato nella nostra zona ed esportato in tutta Europa, si fa caramellare mescolando con un cucchiaio di legno, si aggiungono quindi le nocciole abbrustolite.

Si versa una giusta quantità del composto ottenuto su una negia e si ricopre accuratamente con un’altra negia.

Occorre pazientare e far raffreddare il tutto quindi si può degustare la cubaita accompagnata da un buon bicchiere di sciacchetrà.

Poiché le cubaite sono ricchissime di zuccheri si possono conservare a lungo se si riesce a trattenersi dal mangiarle tutte subito!!!

Sergio Pallanca
presidente Circolo Culturale Porta Marina

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Pubblicato da Enzo Iorio:
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